DIAGNOSI E TRATTAMENTO DEI DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO SCOLASTICO

di M. Lucina Tretti e Patrizio E. Tressoldi

Per la diagnosi dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento Scolastico, la Consensus Conference, nel documento redatto nel gennaio 2007 come risultato dell’accordo di 10 associazioni e società scientifiche di esperti in questo ambito, ha indicato alcuni ben precisi criteri diagnostici di inclusione e di esclusione, definendo anche alcune implicazioni operative inerenti. Il principale criterio necessario per effettuare una diagnosi di DSA è quello della “discrepanza” tra abilità nel dominio specifico interessato e l’intelligenza generale. I domini specifici dei DSA sono: lettura, ortografia, grafia, numero, procedure esecutive del numero e calcolo. Si affianca a questo la necessità di escludere la presenza di disturbi sensoriali o neurologici gravi e di disturbi significativi della sfera emotiva, ma anche di situazioni ambientali di svantaggio socio-culturale che possono interferire con un’adeguata istruzione. Per un approfondimento di quanto detto, ma anche per indicazioni e riferimenti bibliografici sulla metodologia e sugli strumenti per la formulazione di una diagnosi, si rimanda alla sezione dedicata alle raccomandazioni cliniche derivate dalla Consensus Conference. Altre indicazioni utili per procedere nell’indagine diagnostica sono presenti nel manuale sulla diagnosi dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento Scolastico di Vio, Tressoldi e Lo Presti (2012) e nei nuovi volumi a cura di Cornoldi (2007) e di Vio e Toso (2007).

Riguardo al trattamento dei DSA due sono le questioni più importanti da tenere in considerazione: lo scopo di un trattamento nei casi di DSA e l’individuazione dei metodi migliori per conseguire una significativa modificazione dell’evoluzione naturale del Disturbo.

In relazione al primo aspetto è opportuno tenere presente ancora un volta la natura di tali disturbi che non sono di per sé “guaribili”, in quanto dipendono da fattori congeniti non modificabili, ma che tuttavia, nella maggior parte dei casi e in misura dipendente dalla gravità del deficit, si riducono con adeguati interventi abilitativi e corrette procedure educative ( vedi circolare ministeriale dell’ottobre 2004 sulla Dislessia ). In altre parole ciò significa che nel bambino con DSA non dobbiamo aspettarci, anche intervenendo, l’improvvisa scomparsa della difficoltà, ma un lento e progressivo percorso di miglioramento, che in molti casi non porta, come già detto, alla remissione totale del disturbo. In considerazione di questo, lo scopo di un trattamento rivolto ad un bambino con DSA include diversi aspetti quali:

  1. favorire la migliore evoluzione delle competenze in esame, nonostante la presenza di uno specifico deficit
  2. fornire strumenti e strategie per poter apprendere attraverso “strade alternative a quella deficitaria”
  3. “gestire” nel modo migliore la situazione di difficoltà
  4. evitare che si sviluppino altre forme di disagio.

In questo senso il trattamento non dovrebbe limitarsi a proporre tecniche specifiche che riducano il deficit, ma affiancare anche una serie di misure compensative per poter avanzare comunque nel percorso di apprendimento (come ad esempio l’uso della calcolatrice per i discalculici, che consente di eseguire operazioni aritmetiche per affrontare altri compiti come la risoluzione dei problemi, oppure l’utilizzo di un programma di videoscrittura al computer con correttore ortografico, quando il problema sia la disortografia). In questa stessa direzione vanno considerati anche gli interventi metacognitivi, utili al fine di guidare i soggetti ad affrontare e gestire in modo maggiormente consapevole e strategico le difficoltà incontrate a livello di apprendimento e studio. Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi programmi che propongono interventi di tipo metacognitivo da realizzare a scuola, ma che possono risultare validi anche per i bambini con DSA (vedi ad es. De Beni et al., 1995, 2003; De Beni e Zamperlin, 1993; Cornoldi et al., 2001; Ferraboschi e Meini, 2002; Lucangeli et al., 2003, 2004;).

Riguardo ai metodi di trattamento, esistono molte proposte di intervento (vedi ad esempio Vio e Mattiuzzo, 2005). Spesso, tuttavia, le tecniche di intervento presentano un grosso limite dovuto alla mancanza di una chiara connessione tra tecnica abilitativa e interpretazione del disturbo, cioè ciò che si vuole trattare, oltre che di una raccolta di dati sperimentali in grado di documentare l’efficacia del trattamento. Diventa essenziale perciò, al fine di realizzare una riabilitazione che porti a dei buoni risultati, in primo luogo identificare in modo preciso l’obiettivo a cui si vuole mirare, in secondo luogo utilizzare tecniche e strumenti che possano disporre di dati affidabili sulla loro efficacia. Il metodo derivato dalla neuropsicologia cognitiva consente evidenti vantaggi in questo senso in quanto analizza ogni funzione cognitiva e processo di apprendimento nelle sue diverse componenti: questo consente di impostare un piano di trattamento mirato specificamente alle componenti deficitarie. Una diagnosi per un disturbo di calcolo, ad esempio, che ne analizzi le componenti, consente di individuare il focus funzionale della difficoltà e di scegliere di conseguenza un trattamento orientato al recupero di quella determinata funzione deficitaria. Per quanto concerne la scelta di un trattamento valido, va detto che mentre in letteratura esistono numerosi contributi sulla natura dei disturbi specifici di apprendimento, in particolare per quanto riguarda la lettura e la scrittura, così come sulle sue cause funzionali, al contrario la ricerca scientifica nell’ambito del trattamento è scarsa, in parte lacunosa e in gran parte riferita a contesti differenti da quello italiano. Preziosi in questo senso risultano alcuni recenti contributi della letteratura italiana che forniscono dati molto utili per l’impostazione e la verifica di un trattamento finalizzato a migliorare la lettura di soggetti dislessici. Ci si riferisce sia a studi che mettono a confronto l’evoluzione delle abilità di lettura in soggetti dislessici e normali (Tressoldi 1996, Tressoldi et al. 2001), che a contributi che valutano l’efficacia di diversi trattamenti utilizzati per il Disturbo di Lettura (Tressoldi et al. 2000, Tressoldi et al. 2003, Tressoldi, Vio et al. 2007, Allamandri et al. 2007, Tressoldi, Iozzino et al. 2007).

Gli studi evolutivi sulla lettura risultano importanti in quanto consentono di valutare l’efficacia di un trattamento, confrontando i risultati ottenuti con quelli attesi secondo la sola evoluzione naturale. Si può ritenere pertanto, come ribadito anche dalla Consensus Conference, che un trattamento sia da considerarsi efficace nella misura in cui i risultati che produce siano superiori alla evoluzione naturale attesa del disturbo. In questo senso si rivelano di grande utilità, anche dal punto di vista pratico, i risultati degli studi citati che indicano come trattamenti più efficaci per la lettura già avviata, ma lenta, quelli che propongono esercizi per l’automatizzazione del riconoscimento di gruppi di grafemi linguisticamente rilevanti sempre più complessi, come le sillabe e poi le parole, soprattutto se utilizzando software ad hoc. Uno dei software utilizzati nell’ambito di queste ricerche è Reading Trainer   (ideato da Tressoldi e Tassetti, www.anastasis.it) che prevede la lettura di brani al computer con delle facilitazioni per automatizzare la rilevazione di sillabe, morfemi e parole. L’utilizzo di software di questo tipo ha consentito di ottenere, con cicli mediamente di tre mesi di trattamento, un incremento della velocità di lettura superiore all’evoluzione spontanea attesa dopo un anno senza interventi riabilitativi specifici. Un altra metodologia per la quale sono stati già raccolti e presentati dati sull’efficacia in termini di miglioramento nella velocità di lettura di brano, parole e non parole (Tretti, Dal Ben, 2006), è quella che utilizza il software Occhio alla lettera (ideato da Vio e Moresco, 2006, www.impararefacile.it/occhio/occhio.php ), indicato nelle prime fasi di apprendimento della lettura e della scrittura, che prevede esercizi per favorire il riconoscimento più veloce ed automatizzato di lettere e di sillabe e quindi è utile per bambini che sono ancora molto lenti o addirittura non ci riescono. Il miglioramento ottenuto nei tre parametri indicati è stato superiore con un ciclo di trattamento di quattro mesi rispetto a quanto atteso in un anno con l’evoluzione naturale dei dislessici. Interessante caratteristica delle applicazioni effettuate con entrambi i software appena citati è data dal fatto che la loro efficacia è stata ottenuta con l’utilizzo sia in contesto ambulatoriale, che domiciliare (che ha previsto l’utilizzo del software con l’affiancamento del genitore). Quanto sopra ribadito sulla rilevanza dei dati raccolti su questi software è sintetizzato anche da quanto ribadito Consensus Conference, quando, nelle indicazioni generali sul trattamento, raccomanda che il trattamento si basi su un modello chiaro e su evidenze scientifiche. Già alcuni anni fa comunque Vio e Tressoldi (2002) fornivano utili informazioni per indirizzare la scelta degli strumenti di intervento. Un’interessante rassegna che analizza diversi strumenti per il trattamento della lettura, citando i rispettivi modelli di riferimento e indicandone anche la documentata efficacia o meno, è quello recentemente pubblicato da Vio e Toso (2007).

Sulla base di quanto detto è quindi auspicabile, non solo da parte degli studiosi e ricercatori, ma anche di chi opera direttamente nell’ambito clinico, procedere nella raccolta di dati che possano documentare l’efficacia degli strumenti riabilitativi utilizzati, cosa che si sta attualmente portando avanti con la raccolta di ulteriori dati sull’esito di trattamenti che prevedono l’utilizzo dei software precedentemente citati, ma anche di un nuovo software, Fondiamoleletterine (ideato da Tressoldi e Moresco, 2006, www.impararefacile.it/fondiamo/fondiamo.php), che è stato sviluppato a partire dalla letteratura che evidenzia l’importanza di lavorare sui prerequisiti ed è finalizzato, nello specifico, a favorire l’apprendimento della fusione fonemica. Per riferimenti alla letteratura sui prerequisiti degli apprendimenti scolastici ed a percorsi per il loro potenziamento da applicare già a partire dalla scuola dell’infanzia si può fare riferimento ai lavori di Terreni et al. (2002) e Tretti et al. (2002), già citati nella prima sezione generale dedicata ai Disturbi dell’Apprendimento e che contengono anche dati sulla validità predittiva di questi strumenti, mentre le prime valutazioni di efficacia di questi percorsi sono state presentate da Trecate et al. 2000 e Bertelle et al 2002.

È bene, infine, ricordare e sottolineare l’importanza, nell’ambito della lettura e della scrittura, di privilegiare i dati provenienti dalla letteratura scientifica italiana sia riguardo a procedimenti e criteri di diagnostici, che nel riferirsi ad esiti di trattamenti, in considerazione delle note differenze tra sistemi ortografici con diverso grado di regolarità tra ortografia e fonologia.

Per un aggiornamento sui contributi di ricerca sugli esiti dei trattamenti per questi disturbi si consiglia di visitare il sito www.lineeguidadsa.it

Un’ultima riflessione va dedicata al lavoro con genitori e insegnanti per una comprensione corretta del problema e l’individuazione di atteggiamenti ed aspettative adeguati che costituisce, senza dubbio, il giusto completamento per un efficace intervento.

BIBLIOGRAFIA

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